E’ passata poco più di una settimana e l’effetto di quello che è successo è ancora fortissimo. Personalmente l’ho vissuta come ogni altra volta che notizie del genere sono entrate nelle vite di tutti: con rabbia e orgoglio. Le prime reazioni che ho avuto sono state queste, ogni volta.
Rabbia, verso coloro che uccidono gli innocenti, solo in nome di una religione, di un Dio, di una morale superiore e inalterabile, assoluta, cui tutti, secondo questa follia, dovrebbero sottomettersi.
Orgoglio, per quello che è il mondo libero oggi, con gli Stati Uniti a farne da guida, per quello che rappresenta e per cui viene quindi combattuto da quegli assassini.
E mi è tornato in mente il titolo di un libro di una grande giornalista italiana, una delle migliori: Oriana Fallaci.
Oriana aveva capito
Vorrei che chi, negli anni scorsi, l’ha insultata avesse la decenza di chiederle scusa, almeno nella privacy della propria mente. Oriana era molto dura, intransigente, caparbia e cosa più importante di tutte, sapeva il fatto suo. In carriera non si è mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, ha perseguito i suoi obbiettivi con un coraggio incredibile e non è mai scesa a compromessi. E grazie a queste qualità ha saputo descrivere gli eventi storici del suo tempo e addirittura fare previsioni per il futuro che oggi, è il caso di dirlo, si sono rivelate piuttosto azzeccate.
“La Rabbia e L’Orgoglio” è il titolo del libro che ha scritto all’indomani dell’11 settembre 2001. Prima o poi spero di trovare il tempo per leggerlo.
L’11 Settembre fu il giorno in cui iniziò una guerra che continua ancora oggi ma che solo l’America ha affrontato davvero per molto tempo. L’Europa ha fatto poco, sia perché non ne è politicamente ed economicamente in grado, sia perché molti paesi avevano da continuare l’opera di integrazione dei numerosi immigrati di fede musulmana all’interno dei propri confini. Accompagnare l’America in maniera troppo vistosa avrebbe potuto, secondo il pensiero dell’epoca, esasperare gli animi delle comunità islamiche e incrementare l’odio nei confronti dell’occidente. Era una posizione comprensibile, anche se discutibile.
La vigliaccheria dell’Europa
Dal 2001 ad oggi soltanto la Gran Bretagna e la Francia hanno affrontato missioni militari offensive all’estero. La prima in Afghanistan, in Iraq, in Libia e in Iraq/Siria, l’altra lo stesso, con l’eccezione dell’Iraq. La Francia però è impegnata in Mali e in Ciad proprio contro i fondamentalisti. Una parte degli altri paesi si è limitata di fatto a fornire supporto e assistenza nel post-invasione di Iraq e Afghanistan, spendendo molte più energie e risorse per cercare di ricostruire che non per effettuare attacchi militari veri e propri.
Eppure, la Spagna, un paese che non aveva partecipato all’offensiva in Iraq, subì per prima in Europa un attacco sul proprio suolo, a 3 giorni dalle elezioni politiche generali. Il risultato, facilitato anche dalla sbadataggine del premier uscente Aznar che accusò stupidamente l’ETA, fece si che Al Qaeda ottenesse una vittoria politica importantissima, grazie all’affermazione di Zapatero. Il nuovo Primo Ministro socialista, tra i primi atti della propria azione di governo pensò bene di includere l’immediata e totale ritirata delle truppe Spagnole dall’Iraq. Fu un momento molto triste per l’Europa e per la Spagna in particolare che mostrò il capo chino di fronte all’orrore. Bisognava invece rispondere in maniera molto netta e non certo con una ritirata da conigli.
Dopo la Spagna, l’anno seguente, fu la volta della Gran Bretagna che però affrontò gli attentati alla metropolitana di Londra con ben altro stile e determinazione. Sua Maestà è rimasta al suo posto in tutti i teatri di crisi dove era coinvolta, continuando ad essere un sicuro punto di riferimento per il mondo occidentale.
Gli errori di Obama e della UE
Di tempo ne è passato e intanto sono cambiati i nemici (ma non più di tanto), il Presidente Americano, il teatro di scontro e la situazione dell’Europa che dal 2008 vive una crisi profonda e di cui è difficile vedere la fine. L’America è sempre l’America ma l’Amministrazione Obama ha fatto notevoli passi indietro, in particolare proprio in politica estera. Ci sono stati molti attentati, specie negli ultimi 2 anni, coincisi proprio con l’ascesa dell’ISIS su scala pressoché globale. Sia l’Europa, sia l’America, negli ultimi 6 anni e mezzo hanno compiuto un errore dopo l’altro.
Il disimpegno quasi forzato dall’Iraq, senza che sul campo ci fossero tutte le condizioni di stabilità e sicurezza necessarie affinché il paese camminasse davvero con le sue gambe. E senza aver considerato le già ben note mire espansionistiche dell’Iran degli ayatollah, che ha fatto di tutto per influenzare a proprio favore la politica Irachena. Non è un caso che oggi l’Iraq sia più vicina a Iran, Siria e Russia di quanto non lo sia all’America. Sul fatto di aver sprecato tutto il lavoro fatto negli anni scorsi per portare l’Iraq verso un percorso diverso ci sarebbe da discutere molto a lungo.
La mancata consapevolezza, nel 2011 che il fenomeno delle primavere arabe rappresentava un occasione d’oro per gettare un ponte verso il mondo musulmano tollerante e moderato (quello vero, della gente che vuole davvero e solo una vita tranquilla e di pace), sprecata in malo modo senza avere nessun piano di azione e sostegno a tutte quelle popolazioni che si erano ribellate.
Intervento incompleto e improvvisato in Libia, dove era certamente necessario eliminare Gheddafi ma dove serviva anche e soprattutto un piano per la stabilizzazione del paese, della transizione verso libere elezioni e per il reinserimento pieno nella comunità internazionale.
L’isolazionismo di Obama
La totale deriva Siriana, dal 2011 abbandonata a se stessa. Ci sono voluti gli attentati di Parigi per capire che non è stata una grande mossa sbattersene altamente in tutti questi anni. Il caos siriano è la principale causa dell’ISIS, poiché il fondamentalismo, nel vuoto di potere lasciato dalla guerra civile, si è insinuato in una parte della popolazione. Poi è cresciuto, ha attratto perfino combattenti dall’Europa, dagli Stati Uniti, da molte altre parti del mondo e il risultato è quello che stiamo vedendo.
La politica di sostanziale isolazionismo Americano da quando Obama è presidente è stata devastante. L’America non si è solo progressivamente ritirata dall’Iraq e dall’Afghanistan, ma ha rinunciato alla propria Leadership mondiale. E’ evidente che questa politica è basata sul falso, vecchio e discutibile presupposto che la presenza e l’azione dell’America nel mondo sia la causa di tutti i mali. Quindi per rimediare si lascia correre, si lascia fare agli altri (da vedere poi chi sono questi “altri”) e soprattutto si sceglie un profilo “più basso”. I risultati sono questi. Non mi dilungherò oltre, anche perché in questo caso servirebbe almeno un post a se stante.
Decadenza e radicalizzazione
La progressiva decadenza economica e sociale Europea è la causa principale di questo declino. Per accogliere persone di altre culture si è rinunciato ad una netta affermazione dei principi che costituiscono le nostre democrazie, credendo di risolvere ma rimandando soltanto il problema. Quei percorsi di integrazione tanto osannati specialmente dal mondo delle sinistre europee non prevedono infatti che cose come libertà, uguaglianza, diritti e doveri valgano anche per quelle culture che non li prevedono. Così molti immigrati, specie di religione musulmana, si convincono di poter trattare le donne come a casa loro, di poter applicare precetti e comportamenti che non hanno niente a che fare con il nostro modo di vivere.
E dall’altra parte la perdurante crisi economica crea il terreno fertile per la radicalizzazione e l’attacco a quegli stessi paesi che già li hanno accolti. Non è tutto: aggiungete anche la crisi morale, la corruzione, la mancanza cronica di opportunità di lavoro, di carriera e di vita. Dal punto di vista di chi arriva qui, magari anche in buona fede, siamo una completa delusione. Ed ecco che perfino alcuni nostri concittadini finiscono per diventare dei fondamentalisti islamici. Nella sua follia infatti, l’estremismo offre una via, uno scopo per vivere, magari anche un sostegno materiale. Qui invece tutto è complicato, tutto è difficile, la vita costa cara, la famiglia viene attaccata, talvolta anche la sfera spirituale più intima.
Le cavolate pseudo pacifiste
Ci sono molte persone che sono convinte che quello cui stiamo assistendo sia colpa nostra. In particolare la nostra politica “imperialista” e “neocolonialista” sarebbe la causa di questo macello. Alcuni di questi sono miei amici e rispetto questa opinione perché arriva da alcuni elementi di verità.
Sempre con rispetto però, io non concordo. Bisogna ricordare che in questo mondo tutto e tutti si muovono per interessi, dalle singole persone agli stati e perfino alcune organizzazioni sovranazionali. Il mondo libero fa i suoi interessi, gli altri paesi anche, il terreno di scontro è questo pianeta. I paesi più avanzati sono chiaramente predominanti e questo, dal punto di vista morale, impone una responsabilità. Richiede che accanto alla difesa dei loro interessi nazionali venga anche fatto qualcosa per permettere anche ad altri paesi di crescere, socialmente ed economicamente.
Il mondo intero deve essere più solidale ma non si può chiedere a nessuno di immolarsi per questo. E’ uno sforzo collettivo, non un compito specifico di una nazione o l’altra. E non si può chiedere certo al mondo libero di porgere sempre l’altra guancia ogni volta che è sotto attacco, come in questi giorni, per quello che è per quello che l’ha reso grande.
La risposta a questa situazione è l’esatto opposto di quanto si pensa negli ambienti complottisti, antioccidentali, antiamericani in generale. Più impegno, più attenzione alle guerre e ai conflitti che accadono nel mondo, affrontando i problemi attuali e prevenendo quelli futuri. Tutto questo a prescindere dalla natura, dal costo e dal tempo che ci vorrà.
E naturalmente una difesa convinta, sincera, totale, dei nostri valori, delle nostre tradizioni, dei nostri principi, della nostra tanto sudata, cercata e finalmente conquistata libertà.
Viva il mondo libero!